Adesso che David Bowie è morto (o, se preferite, adesso che lo “Spaceboy” ha raggiunto il Maggiore Tom a 100.000 miglia dalla Terra) tutti stanno ricordando il Duca Bianco dal punto di vista musicale, com’è ovvio che sia per un artista come lui.
Ciò che molti ignorano è che Bowie è stato anche un visionario e un precursore dal punto di vista della tecnologia, e non solo perché molte sue canzoni spinsero in tanti a guardare il cielo come a una frontiera raggiungibile, in un’epoca nella quale l’esplorazione spaziale era ancora ai suoi albori (il singolo di Space Oddity fu rilasciato l’11 luglio 1969, nove giorni prima dello sbarco sulla Luna).
Il Duca Bianco è invece riuscito a precorrere il futuro della tecnologia per cose molto più “terrene”, in particolar modo per quanto riguarda il mondo di internet, oltre ovviamente al modo nel quale la digitalizzazione avrebbe trasformato la musica. Nel 2002, circa un anno dopo il momento nel quale le case discografiche speravano di aver risolto il problema della circolazione gratuita della musica online con la chiusura di Napster, Bowie rilasciò un’intervista al New York Times: “La completa trasformazione di ogni cosa possiamo mai aver pensato riguardo alla musica avrà luogo nei prossimi 10 anni e niente riuscirà a fermarla“, spiegò il musicista londinese.
“Non vedo davvero alcun senso nel far finta che questo non accadrà. Sono totalmente convinto che il copyright, ad esempio, non esisterà più fra 10 anni. E che anche la proprietà intellettuale avrà una fine simile. La musica stessa diventerà come l’acqua corrente o l’elettricità”. Decisamente sapeva cosa diceva: nel 1996 Telling Lies fu il primo brano di un grande artista scaricabile da internet.